Mauritius era già nota agli arabi del X secolo, ma venne ufficialmente scoperta dai portoghesi all’inizio del 1500. L’isola era disabitata e così rimase fino all’arrivo degli olandesi che la battezzarono Mauritius. Passò poi sotto il controllo francese e quindi inglese fino all’indipendenza del 1968.
Il primo effetto del colonialismo fu l’estinzione del Dodo, un grande uccello che non sapeva volare e che è divenuto uno dei simboli di Mauritius e del WWF.
Di questo passato coloniale rimangono molte tracce nei vari domaine (possedimenti) in cui si coltivavano la canna da zucchero e altre spezie, ma anche nelle case di ricchi mercanti o dignitari ancora presenti sull’isola. Purtroppo negli anni alcune sono andate perdute a causa dei cicloni che regolarmente si abbattono sull’isola e che facilmente distruggono queste antiche case costruite prevalentemente in legno.
Nella parte sud est dell’isola, a Vieux Grand Port, si possono ancora vedere i resti di quello che fu il primo approdo dei colonizzatori olandesi mentre poco distante si può fare una passeggiata sul lungo mare di Mahébourg, la vecchia capitale, che purtroppo non ha molto di più da offrire.
La più celebre delle residenze coloniali è Eureka la Maison Créole (la casa creola) o anche detta la casa delle 100 porte, costruita a inizio ‘800 a Moka, nel centro dell’isola. Alla fine della visita guidata ci siamo fermati a pranzare nel bel porticato esterno che dà sul giardino tropicale. Dopo pranzo si può fare una breve passeggiata alle vicine cascatelle. Il luogo in sé è davvero rilassante e tranquillo. L’ambiente induce a fantasticare sulla splendida vita che facevano i suoi abitanti, ma poi ti ricordi quello che ha appena detto la guida: la moglie del costruttore trascorse praticamente tutta la sua vita a letto, passando da una gravidanza all’altra e allora tutto appare molto meno idilliaco.
Lungo la cosiddetta via del thé, una strada molto carina da percorrere in auto, si incontra a Curepipe il Domaine des Aubineaux, una bella casa coloniale con le persiane blu, in cui facciamo volentieri una pausa thè e biscotti a metà mattinata e partecipiamo alla visita guidata gestita da una ragazza molto ben informata sulla vita della famiglia originaria di cui rimangono molte tracce e suppellettili.
Ci rimettiamo in viaggio e attraversiamo le coltivazioni di thé di Bois Cheri, ma decidiamo di non visitare la fabbrica per arrivare prima a la Plantation de Saint Aubin dove invece visitiamo la coltivazione di spezie - soprattutto quella della vaniglia - e poi pranziamo nel bel porticato prima di iniziare la visita della casa e della rhumerie con relativa degustazione.
A nord le Chateau de Labourdonnais di Mapou, con le sue persiane color pervinca, è probabilmente la più bella casa coloniale dell’isola. Ci siamo arrivati percorrendo a piedi un viale che ricordava molto Tara, la mitica dimora di Via col Vento, e così almeno per mezzo secondo mi sono sentita un po’ come Rossella O’Hara. La casa, quasi completamente distrutta da un ciclone, è stata riportata agli antichi splendori con un abile lavoro di restauro durato anni di cui si possono vedere le varie fasi nell’interessante filmato trasmesso all’interno. Nel biglietto è compresa una degustazione del rhum prodotto nella proprietà e venduto nell’adiacente negozietto di souvenir: quello all’arancia e caffè è spettacolare!
A testimonianza del passato coloniale di Mauritius il miglior museo dell’isola, l’aventure du sucre (l’avventura dello zucchero) a Pamplemousse, è dedicato alla coltivazione della canna di zucchero. Un museo moderno, ben strutturato e ottimo anche per i bambini in cui vengono illustrate tutte le fasi della produzione dello zucchero. Vengono spiegati tutti i tipi di zucchero e comprende una degustazione alla fine della visita nel negozio annesso. Noi ci siamo divertiti a salire e girare sulla nave che originariamente trasportava lo zucchero ormeggiata all’interno del museo.
Un luogo simbolo nella parte sud è le Morne Brabant, un monte alto poco più di 500 m. dalla forma arrotondata che domina una delle zone più belle dell’isola ed è legato ad uno dei fatti più tristi della storia di Mauritius. All’inizio dell’800 un gruppo di schiavi in fuga preferì gettarsi dall’alto del monte piuttosto che venire catturati, per questo motivo è stato inserito tra i siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO ed ogni anno nel giorno dell’anniversario dell’evento, il 1 febbraio, viene celebrata l’abolizione della schiavitù.
Abbiamo trascorso delle belle giornate aggirandoci per tutte queste “attrazioni” e anche per altre che ora non esistono più come il domaine les pailles appena fuori Port Louis chiuso alcuni anni fa e dove avevamo assistito ad un'esibizione di Segà, un ballo tipico.
Quando avrete la fortuna di arrivare in questo piccolo angolo di paradiso, prendetevi il tempo per visitare i luoghi simbolo ed entrare più in contatto con la storia e le tradizioni locali.